venerdì 22 gennaio 2016

Recensione "Era di maggio" di Antonio Manzini - Sellerio editore Palermo -



Antonio Manzini

Era di maggio

Sellerio

 Era di maggio prende il via tre giorni dopo gli eventi che concludono il precedente romanzo, Non è stagione. Perché l’indagine che lì si era aperta, la scoperta di un tentativo di infiltrazione mafiosa all’interno di una società di costruzioni di Aosta, non si è ancora conclusa. Il vicequestore Schiavone ha davanti a sé molte questioni insolute, e le oscure propaggini di quella storia non lo lasciano in pace. Un nuovo omicidio complica ancor di più la faccenda. Mimmo Cuntrera, uno dei rapitori della giovane Chiara Berguet, l’uomo affiliato al clan mafioso arrestato alla frontiera mentre fuggiva, viene ritrovato morto in prigione durante l’ora d’aria. Per indagare Rocco dovrà immergersi nella vita del carcere di Varallo, situato in un paese del Piemonte. C’è poi il fatto più grave, l’assassinio di Adele, una cara amica del vicequestore, uccisa da un killer mentre dormiva nel letto di Rocco. Per Schiavone è un incubo e un messaggio preciso. In Era di maggio il vicequestore è dunque alle prese con due indagini parallele e cercherà di chiudere il cerchio una volta per tutte. Scoprire chi voleva fargli la pelle e impedire alla criminalità organizzata di espandersi ad Aosta. E se la sua vita professionale è assai complessa e delicata, anche nel privato Rocco non se la passa meglio. Alle prese con Anna, in realtà sente sempre più vicina l’ispettore Caterina Rispoli, e forse si sta innamorando di lei. Ma la giovane donna è pur sempre la fidanzata dell’agente Italo Pierron, braccio destro e amico di Schiavone. E Caterina, cosa pensa del vicequestore? Subirà il fascino di Rocco o lo rispedirà al mittente come una raccomandata senza indirizzo?

Partiamo subito con il dire che siamo di fronte ad un grande romanzo. Un romanzo praticamente impeccabile. Un personaggio fantastico e imprevedibile, il vicequestore Schiavone. Anche se, come nel mio caso, non si sono letti i precedenti "episodi", è incredibile come si riesca ad entrare appieno e immediatamente nelle atmosfere e nel protagonista. Manzini prosegue il suo racconto facendo capire cosa era successo in un recente passato ma senza replicare quanto già scritto. Al lettore bastano davvero poche pagine per essere già totalmente coinvolto, anche grazie alla scrittura di grande impatto emotivo, semplice e lineare. Schiavone non può non piacere. Ha un qualcosa di nettamente diverso rispetto a tanti personaggi della letteratura gialla. Un carattere introverso, scostante, sarcastico all'inverosimile, ma porta dentro di se il ricordo e le cicatrici di spaventosi drammi personali. All'interno della storia, ci sono alcune pagine di grande narrativa che esulano per un momento da quello che è lo sviluppo dell'indagine, anzi delle due indagini parallele. Pagine di grande intensità emotiva, difficili da scrivere senza scadere nel ridicolo. Manzini invece le scrive così, intensamente, con una bravura e una naturalezza commovente, come una specie di bellissimo cadeau offerto ai suoi lettori. Non anticipo altro. Due indagini parallele si diceva. Sempre difficili da raccordare ma non in questo caso. Prendono strade differenti, lontane fra di loro ma non interrompono mai lo scorrere della lettura. Una storia di grande attualità, che  analizza il fenomeno mafioso non più nella grande metropoli, ma lo sposta nella provincia italiana. Quella provincia che sembrava esente da questo tipo di malavita organizzata. Oltre a Rocco Schiavone in "Era di maggio" compare una schiera di personaggi di notevole spessore. Una caratteristica che ho trovato molto interessante: Manzini descrive storia, personaggi e ambientazione in poche parole riuscendo però, perfettamente e nitidamente, a rendere un' idea chiara di tutte e tre le componenti. Ma dove Manzini si supera è nello descrivere gli stati d'animo. Perfetti, di un'intensità spaventosa. Il libro, pur nella sua drammaticità, non manca anche di far sorridere in alcuni punti. Specialmente nei dialoghi. Un sorriso forse anche amaro ma che non si può trattenere. Dialoghi che Manzini ha la capacità di scrivere perfettamente. Ho sempre pensato che il dialogo sia un severo banco di prova per uno scrittore ma qui siamo di fronte ad altissima scuola. Sciolti, veri, intensi, hanno come una loro propria "visibilità". Uno di quei libri da notti in bianco, non si riesce a smettere di leggere. Un personaggio come Schiavone correva il rischio di fagocitare tutto il romanzo data la sua forte personalità, invece questo non succede. La sua figura anzi si amalgama con tutte le altre figure, con le situazioni narrative e a volte anche con i paesaggi stessi, sfumati e appenna accennati ma incredibilmente reali. Un vero e proprio gioiello questo libro. Schiavone entra nel cuore del lettore immediatamente. Per poi non uscirne più. 

Buonissima lettura

 Paolo Vinciguerra 




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