Augusto De Angelis
Il canotto insanguinato
2014
Pag. 365
Sellerio
È considerato il primo vero detective
italiano. Si chiama De Vincenzi e nasce, con tutta evidenza, in
contrapposizione ai grandi investigatori sulla scena all'epoca, Maigret
in prima fila. Cosa lo distingue? È colto, legge Stendhal e Freud,
silenzioso, marcatamente malinconico (per distanziarlo, forse,
dall'ottimismo di facciata del Regime). Personale il metodo d'indagine.
"Rabdomante dei sentimenti" lo presentava il motto editoriale del tempo:
nel senso che la verità del delitto la cerca nella psicologia delle
persone, in motivazioni e impulsi profondi. Dice degli indiziati: "un
uomo non reca con sé un mistero ma un problema". Nasceva allora il
giallo all'italiana che ancor oggi conserva le tracce evidenti gettate
dal suo grande e in vita sfortunato promotore, Augusto De Angelis (che
fu incarcerato per antifascismo nel 1943 e, dopo la prigionia, morì per
le conseguenze di un pestaggio). Il commissario De Vincenzi ha
interrogato a lungo, senza esito, un impenetrabile personaggio. Il russo
Ivan Kiergine, un giocatore giramondo, fortemente sospettato per la
scomparsa della sua amante, la francese Paulette. Un canotto con sul
fondo una pozza di sangue, una borsetta con un fermaglio di rubini e un
impermeabile rosso conducono a credere che sia stato consumato un
omicidio. Ma Kiergine non parla, mostra al contrario una signorile
dignità morale, un sincero accoramento per l'amata di cui è certo che
non sia morta, un'indifferenza per la propria sorte. De Vincenzi decide
di liberarlo...
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